Il Popolo Sami
Andiamo a parlare più da vicino del Popolo Sami, una delle attrazioni più folkloristiche della regione della Lapponia!
I Sami, in lingua autoctona Samit o Sapmelas, sono una popolazione indigena che raggiunge il numero di circa 75 mila abitanti, stanziati per lo più nelle regioni più settentrionali della Finlandia e della Svezia. Come qualsiasi altro gruppo etnico che si rispetti i Sami hanno la propria storia, la propria cultura e le loro attività lavorative: hanno dunque un’identità veramente molto spiccata.
La popolazione, come tutta la regione della Lapponia, non ha uno status politico indipendente, e spesso e volentieri sono confusi con i Lapponi che in realtà sono tutti gli abitanti della provincia della Lapponia seppur non facenti parte dell’etnia Sami. La storia di questo popolo non è particolarmente antica, anzi se ne conoscono i primi accenni nel 1555 quando uno svedese di nome Olaus Magnus pubblicò presso Roma il testo “Historia de Gentibus Septentrionalibus”, in cui era ovviamente narrata la storia di queste genti. Precedentemente si conosceva qualcosa di questo popolo solamente a livello di leggende e storie fantastiche da parte di autori medioevali. Si raccontava addirittura di amazzoni che potevano rimanere incinte solamente bevendo dell’acqua, di uomini verdi e di cannibalismi!
Parlando più strettamente della popolazione, in tempi remoti i Sami erano per lo più allevatori di renne, pescatori e dediti alla caccia. Erano nomadi e abitavano in capanne chiamate kota (per intenderci capanne della stessa forma di quelle degli indiani d’America) oppure in tende che avevano il nome di Layvu. Ovviamente esistevano abitazioni fisse e abitazioni portatili entrambe costruite con legno e pelli di renna; l’unico mezzo di trasporto a loro congeniale era la slitta ovviamente sempre trainata da renne, anche se, grazie ad uno straordinario reperto del 1500 a.C. si sa per certo che utilizzassero anche una sorta di sci.
L’allevamento di renne per i Sami è sempre stato uno degli elementi più importanti della loro cultura: tramite questa attività riuscirono a sopravvivere per secoli e secoli; dalle renne infatti potevano procurarsi cibo, latte e dai loro corpi pelli per gli abiti, per le loro case, ossa e corna per fabbricare utensili e strumenti di caccia e lavoro. In generale l’allevamento li portava a dover trascorrere l’inverno in terre completamente in pianura, mentre nei mesi più caldi, si rifugiavano nei pascoli montani.
Seppure non particolarmente catalogata e studiata negli anni passati, la loro tradizionale forma religiosa era quella dello sciamanesimo. Adoravano le divinità legate al culto della natura e infatti le principali erano quelle della Madre Terra e il Dio del Tuono. Credevano inoltre che il corpo fosse dotato di un’anima in grado di distaccarsene al momento del trapasso. La figura più importante all’interno delle tribù era per l’appunto lo sciamano che poteva dar vita ad una serie di riti propiziatori utilizzando anche una sorta di tamburo magico dei sogni, strumento che gli permetteva di comunicare con i morti.
La cultura Sami perdurò intatta nel tempo, solamente negli anni ’50 smisero di essere nomadi e cominciarono a stanziarsi: si formarono i primi veri e propri agglomerati urbani e sorsero anche i primi ordini politici tra cui i famosi parlamenti.